CRITICA

Esordio
«L'arte è una forma. Una forma è qualcosa che non ha storia, ma ha un destino. Il destino dell'arte si è già compiuto. Oggi l'arte tende verso i valori, proprio quando i valori si fanno sfuggenti...»
(Jean Baudrillard, intervista su Le Monde, 10 giugno 1996).
Quadri astratti
Il titolo che Geneviève Breerette scelse per questo colloquio con l'autore di Le complot de l'art, pubblicato qualche giorno prima da Libération, era: Je n'ai pas la nostalgie des valeurs esthétiques anciennes, e mi sembra un buon inizio per avvicinarmi (anche -vi, meglio -ci) alle opere di Patrizia Lo Torto, pittrice e scrittrice, al suo primo ingresso da protagonista in un web-log, o semplicemente blog, come dappertutto si dice ignorandone per lo più il significato originale di "diario in rete", al battesimo con le opinioni di chi vedrà quel che ha fatto e che fa - e tengo a insistere su questo verbo, proprio perché ho iniziato parlando di valori, e il fare è fondamentale in questa gerarchia - senza conoscerla personalmente, violando espressioni non più segrete (e ciò l'artista più o meno consapevolmente cerca in un blog), ma insieme violentandone i sogni e le aspirazioni, ponendo imprevisti ostacoli e magari limiti alle sue illusioni. Quando conterà i suoi followers, l'artista avrà fatto i suoi conti: sulla banda scritta in rosso i debiti, di fronte, in nero, i crediti. Ne tirerà le somme, cingerà l'alloro o si leccherà le ferite. Di certo continuerà, ché chi scrive di lei sa di rischiare con lei, ed ha la presunzione di non sbagliare a conoscere all'odore chi ha qualcosa "in più" da dire - eccoci al dire, sempre salendo la scala dianzi prospettata -, anche se su come dirlo ci possono ben essere pareri discordanti e certo, sul web, vi saranno espressioni meglio codificate.
Porgo tre considerazioni estetiche sulla pittura di Patrizia Lo Torto, e il numero piccolo non inganni ché è il peso che conta:
1- l'immediatezza istintuale della forma sfogata a fissare una "ispirazione" (è un termine oggi in disuso, significa una particolare eccitazione della mente, della fantasia o del sentimento che spinge un individuo a dar vita ad un'opera) che viene codificata in una dimensione artistica che usa senza compromessi un linguaggio immediato e impulsivo, quanto mai consono-appetito-abusato da una generazione che non si ferma alla considerazione del bello inteso come classico e considera invero la struttura linguistica un mezzo di per sé autonomo e sufficiente a dichiarare, per diffondere-esaltare-consolidare, un'idea - l'idea, un altro tassello al nostro organigramma.
Quadri minimalisti
2- la colata cromatica, massa magmatica di colore che viene deposto, disegnato, spalmato, spruzzato, stubettato, sovrapposto: qui è spesso, lì vicino trasparente, sagomato col pennello, là diluito col solvente, altrove cintato di nero con "casoratiana" sublimazione intellettuale; stirato, compresso, la tela estesa alla parete, il confine che si fa legame e che fa debordare la figura su spazi paralleli e sulla teoria di objet trouvé, quel diario della memoria antica dove il senso dell'aggiunta che cela il sacrificio dell'abbandono vive in funzione liberatoria e diventa organismo evoluto, leggero, autonomo e "mendelianamente" consapevole di atavismi già distillati.

3- la varietà compositiva della scena, ora affollata di cose e di argomenti, un collage o un mercato delle pulci, ora minimalista, al limite del ségnico, dell'orma che all'analisi concettuale intende esprimere una storia intera essenzializzata in un soffio d'oro o d'argento. Senza tralasciare le fughe periodiche ed episodiche che dall'orizzonte piatto del foglio e della tela, scavalcando gli oggetti simbolo, acquistano via via tridimensionalità fino a diventare "duchampiana" scultura che vive in funzione liberatoria come un organismo evoluto, autonomo e consapevole di atavismi distillati
Il percorso artistico di Patrizia Lo Torto - figura contrastante e pervicace, orgogliosa e consapevole della propria tipicità - è un procedere caparbio oltre le regole. Nell'imprevedibilità talvolta esaltante dei ritmi, di composizione e di colore; nello svolgimento che sa di organico, incapace di arginare il fluire che si moltiplica nella contiguità di una esperienza quotidiana che cerca l'opposto, il discontinuo, la polarità oscillante; nello sfalsamento del registro; nel gioco allo sfilacciare una trama che sfida l'orgasmo; nella tensione del livello di un equilibrio periodicamente mutante.
Gianfranco Schialvino
Siamo in bilico tra corpo e astrazione, sicurezza e contraddizione, genuinità e consapevolezza di autonoma esigenza espressiva; ricerca di evocazione e volontà di decomposizione, di deformazione, di negazione di ogni parvenza di conformismo. Qui, fra l'abiura dell'ordine formale e una dadaistica ossessione espressiva, in una ricerca spasmodica di emozione tra l'anarchia del caos e le astrazioni concettuali, si celebra il fatalismo della pittura.In un viaggio che ha come guide il vento della giovanile baldanza e la stella fissa dell'amore per il simbolo, tra flussi di materia e riflussi cromatici, pulsioni di incolto e di incontrollabilità, bizzarre sensazioni di gusto. Dove la vibrazione della suggestione primaria diventa finalmente uno - il "suo" - stile, la frase personale, la coerenza in cui muovere irrequiete impressioni di malcelato romantico lirismo che potrebbero esprimere la percezione di un cielo con benigna serendipità trovato e raggiunto. Il giardino dell'Eden? il mitico Parnaso? Hic manebimus optime..."

Gianfranco Schialvino

Pittore, incisore già collaboratore come critico d'arte con il quotidiano "La Stampa"
Agosto 2016
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